Tuesday, May 15, 2007

Quando finisce l'estate

[Lo so, lo so: vi ho rotto con questa storia dell'antologia! Ma cercate di mettervi per un attimo nei miei panni: è la prima grande antologia (3.000 copie distribuite sul territorio nazionale) che contiene un mio racconto!
La raccolta è rigorosamente in copyleft, quindi mi permetto di proporvi il mio racconto. Anzi farò di più: la storia che mi hanno pubblicato è una versione ridotta ed editata, qui, su questo spazio web sociopatico, ne proporrò la mia personale prima stesura. Ovviamente dovrò dividere il racconto in più puntate altimenti rischio che vi si irritino gli occhi dopo un po'!

Sono ben accetti commenti di tutti i tipi, mica mi offendo! Ovviamente sempre nel rispetto e nel dialogo!
Spero vi piaccia sia la storia sia il libro... perchè andrete a comprarlo il libro, vero?]

QUANDO FINISCE L'ESTATE 1


Il mio bacio era un melograno

profondo e aperto:

la tua bocca una rosa

di carta.

(Federico Garcìa Lorca)

La vecchia sordomuta continuava a fare le corna al vecchio indi che inebetito dall’età le sorrideva nonostante le mute imprecazioni.

Le scuole si erano appena concluse. Una settimana forse o poco più. Il pullman si fermò davanti al lido con una lentezza tale che sembrava trasportasse il più fragile dei contenuti. O il più pericoloso. Quando la porta si aprì scesero 48 vecchi e una bambina. Per ultimo il conducente,. La parrocchia de “Le sante lacrime di Maria” aveva regalato, per la modica cifra di 50 euri cadauno, una settimana al mare a tutti gli anziani desiderosi di scatenarsi. Come ai vecchi tempi. Ogni anziano, spiegò Don Antonio per 5 o 6 domeniche di fila, poteva portare uno e un solo nipote. Così ecco giustificata la presenza della bambina. Nessuno dei restanti 47 vecchi era riuscito ad allettare uno e uno solo dei propri numerosi nipoti a scatenarsi con loro per una settimana di mare. La bambina, appena 14 anni, non aveva avuto molta scelta. La madre, una mattina, le disse ti regalo una settimana al mare con la nonna, contenta?

Sorridere senza trasporto era il massimo che le riuscì di fare. Voleva bene alla nonna, ma come avrebbe potuto amare altri 47 ottuagenari deliranti sotto il caldo estivo? Ovviamente nessuno si sarebbe aspettato la carestia di nipoti, quindi fu un trauma per tutti quando, a bordo del pullmann, salì quell’unica, triste, bambina. Il trauma, però, durò solo alcuni secondi per vecchi, un’eternità per la bambina. Per lei quel primo viaggio, quella mattina, alle 7, col fresco aveva spiegato Don Antonio, fu come essere in un museo ambulante pieno di mummie, senza disinfettante.

L’indi sorridente salutò con un cenno del capo il vecchio col bastone che gli disse di non aver soldi e che se proprio doveva chiedere l’elemosina che lo facesse ai semafori cercando di pulire i vetri, almeno se li guadagnava quei quattro spiccioli. Il vecchio indi sorrise scuotendo il capo a destra e a sinistra.

Di quel viaggio la bambina non ricordò mai nulla di specifico, solo pelle rugosa indistinta. Pensava solamente ad una frase: non ci credo, non ci credo, non ci credo, non ci credo …

Quella sarebbe stata la settimana più lunga della sua vita. Già se li vedeva i vecchi fare a gara per raccontarle le cagate del loro passato, a come si stava meglio quando si stava peggio, a come erano diversi loro alla sua età, a come si mangiava meglio e si rispettava di più i genitori. Già li sentiva i discorsi di sua nonna ripetuti 47 volte con 47 voci diverse per 7 giorni di fila. Una tragedia. Sarebbe cresciuta complessata da quell’esperienza traumatica e devastante. Scese per ultima dal pullmann, ma non servì a nulla, i vecchi erano troppo lenti e lei non riuscì mai a distaccarsene completamente.

Il vecchio col bastone tentò di alzare la gonna ad una vecchia troppo truccata, con le labbra ancora troppo carnose e i capelli troppo vaporosi. La vecchia si voltò con un grottesco sorriso da pin up e tuonò con voce da contrabbasso: ma che fai, bello. La vecchia sordomuta che vide tutto agitò le corna in segno di disprezzo.

Al lido fecero l’appello. Evidentemente qualcuno temeva che uno di loro potesse scomparire durante il tragitto, evaporare per il caldo. Oppure fuggito. Di corsa, magari. Forse è vero che dopo una certa età si ritorna bambini. Quindi la quattordicenne era la più matura del gruppo, ma solo teoricamente. In realtà, già lo sapeva, l’avrebbero trattata come una deficiente per tutto il tempo. Quando sistemarono le proprie cose nella cabina iniziò il conto alla rovescia. E chi è questa bella bambina disse la signora con cui lei e sua nonna condividevano il loculo balneare. Chi è?, sorrise con un’evidente dentiera da quattro soldi. E da lì ecco iniziare la farsa che si sarebbe ripetuta per tutto il giorno: è la mia dolce nipotina, rispose, impettita, la nonna, felice di poter ostentare la compagnia di una giovane a dispetto dell’incapacità degli altri vecchi di riuscire a trascinare i loro nipoti.

Mentre si dirigevano verso la spiaggia le sembrò di essere in una riserva del WWF piena di lucertoloni che si crogiolavano al sole. Contro ogni aspettativa i vecchi non la cagarono, non subito almeno, ma si sistemarono sotto gli ombrelloni pronti ad attendere che quella settimana passasse. Sembrava che aspettassero la morte, ma invece di aspettarla a casa, sembrava avessero deciso di aspettarla al mare, con il sudoku in mano i più vivaci, con la settimana enigmistica i più conservatori. Piuttosto che ammuffire in mezzo allo smog e al cemento, avevano preferito logorarsi di salsedine.

Sbuffò, la bambina, e si sdraiò sulla sua tovaglia da mare.

E chi è questa bella bimba?, disse una voce raschiosa come quella di un muratore intasato di catarro.

Eccone un altro pensò la bambina schermandosi la faccia a causa del sole, per vedere chi parlava. È la mia bella nipotina, ripeteva, con il solito entusiasmo, la nonna. È proprio una bella bambina, si farà una donna molto desiderata, ringhiò la voce. La bambina, mentre la nonna rimproverava, simpaticamente, la voce, si mise a sedere per osservare l’individuo che alludeva alla sua futura bellezza e rimase di stucco. Nonostante fosse truccato come un affresco, i suoi capelli fossero lunghi e vaporosi e possedesse un seno gigantesco e mollo… quello era un uomo. Non riuscì, la bambina, a non sgranare gli occhi e se ne vergognò, immediatamente. L’uomodonna le sorrise e mostrò delle labbra abominevoli.

Tienila d’occhio, consigliò la voce dell’uomodonna, che i ragazzi non si lasceranno certo sfuggirete un bocconcino così appetitoso. Ma quale ragazzi, sorrideva la nonna, ha solo 14 anni.

Io a quattordici anni ne avevo già spogliati una decina, rise con troppo teatralità la voce dell’uomodonna.

Ti prego, non davanti la bambina, intimò la cara e pudica nonnina.

Ma quale bambina, questi qua, a 14 anni ne sanno una più dl diavolo. Forse l’ha già fatto e tu manco te ne sei accorta.

La nonna arrossì, paonazza. Non sapeva dove guardare, di sicuro non la nipote, anch’ella rossa in viso, ma per una vergogna diversa, non di sicuro per mi discorsi dell’uomodonna.

Una volta che rimasero sole, la nonna prese a giustificarsi. Non l’ascoltare, diceva, ignora i suoi discorsi, Samantha (è così che si chiamava l’uomodonna) è sempre così sboccata. Dicono, continuava la nonna con fare cospiratore, che prima fosse un uomo e poi si sia operato. Un trans insomma, le servì la bambina. Sì quella parola là, le fece eco la nonna. Mi chiedo come abbia fatto Don Antonio ad invitarla.

Quel giorno, alla fine, passò. La bambina dopo un bagno brevissimo e un pasto noioso al banchetto della terza età si limitò a lasciar trascorrere il tempo osservando Samantha. Era l’unica che saltellava, con quei due immensi budini al posto del seno, da un ombrellone all’altro chiacchierando e animando il pomeriggio. Era simpatica in fondo.


[...continua qui e su IL PRIMO BACIO FA SCHIFO]

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