Friday, June 19, 2009

subliminal idol

[il mio piccolo libello per 18.30 edizioni è in giro, lo trovate domani al crack, al forte prenestino]

[Intanto condivdo con voi un meravigliso regalo invatomi!
Qualcuno ha provato ad ipotizzare una, anzi La Storia di uno de personaggi del libro, ve la regalo qui di seguito]
L’incidente
Correva perché Giovanni lo stava inseguendo o almeno così si diceva. Pare che l’avesse preso in giro o si fosse messo di nuovo a tirare la coda all’asino. Altri dicevano che correva perché c’era Luisa che usciva da messa con la mamma, e lui la voleva vedere. Non si sa bene perché, ma correva, e questo è un dato di fatto. Inciampò in un sasso o una radice o nei suoi piedi scalzi, vai a sapere, inciampò come decine di altre volte e cadde.Non si rialzò però quella volta, e un rivolo rosso e appiccicoso iniziò a segnargli la fronte.Lina lo vide per prima e per prima urlò “mamma”. Accorsero tutti. Figlio mio, figlio bello, apri gli occhi a mamma, fai vedere gli occhietti belli. Figlio mio figlio bello, fai sentire la tua vocina bella a mamma, dimmi qualcosa che te la porto. Vuoi l’uovo? Te lo vado a prendere… non gli fate male, per carità portatelo piano. Figlio mio, figlio bello, apri gli occhietti a mamma che sono qui, dimmi che vuoi, che ti serve.

Seguiva i soccorritori come una pazza e accarezzava la fronte, la mano, i piedi di quel corpicino esile tra le braccia di uomini tanto grandi. Baciava a caso gambe e braccia che cascavano senza vita e baciava la terra, la pelle i capelli il sangue, chè se gli faceva sentire la sua voce li apriva gli occhi, sicuro, sempre si svegliava quel figlio quando lo chiamava la mamma.

Le sorelle urlavano Rosà, Rosà non la fare preoccupare a mamma, apri gli occhi, Rosà dici qualcosa.

Ma Rosario non diceva niente e stava lì, con le braccia penzoloni come il Cristo in grembo alla vergine nella pietà della chiesa.

Lo portarono sul letto tra gli strilli e la solita litania. Figlio, Rosà, occhi, mamma, voce. Niente, non serviva niente. Gli lavarono la fronte e accesero tutte le luci che forse così si sarebbe svegliato ma di lì a qualche ora il suo corpicino iniziò a tremare convulso, come i vitelli che sono appena nati e c’hanno l’intera placenta ancora addosso.

Lucia se lo abbracciava e pregava la madonna che lei è mamma e lo sa cosa vuol dire avere un bambino che forse muore. E pregava i santi, tutti quelli che ricordava che magari qualcuno si offendeva, e pregava anche Dio che se era buono non se lo prendeva il suo pupo, ne aveva già tanti in cielo a che gli serviva proprio il suo? Non che mancasse la prole in casa, c’erano quattro femmine e Grazia di Dio c’era pure un altro maschio più grande, che però era sempre serio serio e stava sempre per i fatti suoi e non diceva mai niente, e invece quel figliolo Rosario, era la gioia della sua mamma, se l’abbracciava le diceva ti voglio bene nell’orecchio prima di dormire ed era bello come gli angioletti che stavano sulla cappella in chiesa.

Lucia se lo stringeva e non dormiva, gli faceva ingoiare a forza il brodo e gli cambiava le bende. Tre giorni così, poi si alzò la mattina e pulì tutta casa, gli occhi cupi come la cavalla quando qualcuno si avvicina al puledro. Andò nel pollaio e tirò il collo alla gallina più grassa e tronfia, quella che a natale ci doveva fare la cena. Un gesto secco e risolutore, senza riflettere, davanti agli occhi di Lina, la piccola, che se la sognava la notte la gallina, profumata di verdure e aromi e con la carne buona, non come il bianco dell’uovo che non sapeva di niente. Tirò il collo alla gallina e prese Lina e la mise sulla sedia vicino al fratello.

“Di qui adesso non ti muovi, ripeti”

“Di qui adesso non ti muovi”

“No a mamma, tu non ti muovi”

“Va bbene”

“E se si sveglia o dice qualcosa, corri con tutto il fiato alla terra vecchia, alla capanna di Zi Seppina e me lo vieni a dire”

“Non andare da Zi Seppina che mi fa paura non ci voglio venire fin lì”

“No gioimamma, tu stai qui, ma se si sveglia me lo vieni a dire e devi essere contenta, non avere paura”

Si mise lo scialle e andò dritta dritta alla casupola della magara, quella che quando passava in paese il parroco si faceva il segno della croce e diceva ai fedeli che era la moglie del demonio. Ma Zi Seppina tutta vecchia e rattrappita com’era si mise la gallina sotto il braccio e disse che quella era una storia del corpo, e che c’entrava lei, non era una magaria, non ci poteva fare niente.

“Ridammi la gallina”

Occhio torvo da malocchio.

“Tieniti la gallina ‘ngul a mammeta”

Non tornò a casa ma andò dal dottore.

La casa era enorme e pulita con la luce che si accendeva con un interruttore bianco sul muro, bianco come ogni cosa lì dentro, anche il vestito del medico. Lucia c’aveva paura di quell’uomo che parlava una lingua precisa e pulita e voleva i soldi di carta che c’avevano una faccia barbuta sopra, mica si accontentava di un pollo, chi gli è muort’, che pure lei con quello ci sfamava i figli.

Entrò con gli occhi alti e senza intimidirsi davanti a quella ragazzetta che c’aveva le ginocchia bianche scoperte e le diceva “desidera?”

“Voglio il dottore”

E da dietro comparve lui, alto che pareva più alto da tanto che alzava il naso.

“che succede signora”

“mio figlio sta male e sta morendo e voi lo dovete salvare se siete un dottore. Io non c’ho niente, c’avevo una gallina e se l’è fregata la magara, voi me lo dovete salvare questo piccolo”

Se l’era studiata per strada la frase, riesumando l’italiano più compito che era riuscita a mettere insieme. Gli aveva detto proprio così, “voi me lo dovete salvare” e si sentiva come quelle donne eleganti che si vedevano nei film della parrocchia il venerdì sera e parlavano di politica e di amore e non avevano mai figli.

Voi me lo dovete salvare. E nella perfezione di quella frase le sembrava di averlo già salvato Rosario.

Il risveglio

Odore di erba e di ulivi e di mandorli e di fiori. Solo alla terra dell’Angolo c'è quel profumo e solo in primavera matura, quasi estate. Vento e foglie e insetti sul corpo. Voci. Mamma, Lina, Giovanni, qualche volta perfino papà, strano, forse è successo qualcosa.

Forse mi alzo e corro a casa che certo è successo qualcosa.
Occhi chiusi.
Forse mi stanno cercando, da quanto sono qui? Mo mi alzo, sicuro, mi alzo e corro.
Vento sulla fronte, un po' umido.
Eh si che è strano perche il vento non viene dalla marina oggi, ma bo, forse le piante, forse torno a casa che forse è ora... se solo riesco ad aprire gli occhi… ma si sta così bene...
Mano. Un insetto strisciava piano sulla mano e la scuote per toglierlo, ma non va via. Una formichina indubbiamente.
"Ricordati Rosà che non ci devi andare mai in America, che lì ci stanno le formiche quelle grosse e rosse e ti mangiano le mani"
Mi mangerà la mano.
Devo tornare a casa
Via formica!!!
"rosse e giganti Rosà, giganti come ninnella la gallina quella che c’avevi da piccolo, te la ricordi?"
Ninnella coccodè, ninnè io non ti volevo fare lessa, ma c'avevamo fame.

La formica lessa, che schifo, vento, insetti, voci, la marina.
Che stavo pensando?Ah si mo vado a casa, mi chiamano, mo proprio...
... apro gli occhi.
Una lacrima sulla mano, non era una formica. Calda, silenziosa, strisciava dall'attaccatura del polso fino all'incavo tra l'indice e il medio facendo il solletico.

"Oi ma’ che è successo?Perchè stai piangendo?"
"Rosà..."
"Ma’, che c'è, non mi fare spaventare"
"Figlio mio... Rosà… c'ha fatto la grazia... LINAAA, LINAAA Lina chiama tutti, s'è svegliato, s'è svegliato... lo sapevo io che la madonna non me lo faceva sto sgarro, altro che dottore e la sua febbre cerebrale, altro che quell'uccellaccio del malaugurio del prete e pure l’estrema unzione t’ha fatto! LINAAAAAAAA chiama tutti che la madonna c'ha fatto la grazia"
e poi mani e bocche d'appertutto. Testa collo braccia figlio. Lacrime invadenti come decine di formichine strisciavano piano dal colletto sulla schiena in un abbraccio soffocante. Figlio.
Gli occhi scuri e materni erano pieni di lacrime e sembravano proprio quando sul guscio della mandorla ci si ferma la resina appiccicosa. Figlio e Rosà, Rosario... le mandorle sono dolci, sono buone, solo poi
"che dici mamma?"
"lasciatelo respirare, che mo s'è svegliato!!!"
"si, si lasciatelo respirare"
"Rosà, ma quindi non muori più?"
Lina la piccola lo guardava curiosa da sotto il letto
"io già avevo detto le preghiere, va bè le tengo per un altra volta"
Perchè morire, che dicono tutti? quando muori vai sotto terra e i vermi ti mangiano, quando muori le formiche rosse ti assalgono e tutto è nero... o è come la terra all’Angolo...
"che dici mamma?"
”Niente niente gioia mia, sei stanco, ti devi riposare, vado a preparare qualcosa di caldo e tu riposa, che dopo dobbiamo andare al santuario ad accendere i ceri e la devi ringraziare di persona, non sia mai s'offende.”
"chi?"
"la madonna!!!!!"
Linaaaa, manda via tutti che si deve risposare e vieni a darmi una mano in cucina.
Silenzio. La madonna. Ho dimenticato qualcosa, ricorda ricorda ricorda. Stavo all’Angolo sull'erba, pensavo a Luisa... no alle formiche... ricorda ricorda ricorda... che c'entra la madonna? perchè dovevo morire? ricorda ricorda ricorda
Le voci si confondevano, faceva fatica a tenere l'attenzione fissa su una cosa, guardava il muro e seguiva il percorso di un ragnetto verso l'angolo della parete.
Dopo qualche ora sentì la voce che lo chiamava dalla cucina. Papà in piedi sulla porta occhi morbidi e incerto sul piede cui appoggiarsi.

papà non è in campagna ma l'asina è pronta, papà non mi parla quasi mai.
"ci hai fatto spaventare, non lo fare più"
"Va bbene" con la e bella tonda come aveva detto la maestra a scuola
"Rosario la e deve essere precisa, un secondo netto, come quando tagli un filo "e" senza strascichi. Cos'è uno strascico?"
"lo vuoi o no Rosà?"
"cosa mamma?"
Risatina tesa e preoccupata. "Rosà mo proprio te l'ho chiesto, lo vuoi un poco di riso con il pollo che ti fa bene?"
"Si che lo voglio"
"ahahaha, Rosario dorme ancora come prima anche se ha gli occhi aperti e sta in piedi invece che sul letto"
"Lina vattene in camera e non dire ste cose, che rosario è un po' stanco ma.....
Stavo sul letto e dormivo, era un sogno all’Angolo. La madonna devo ringraziarla che mi sono svegliato...
"è vero Rosà?"
"si certo mamma"
non sapeva cosa gli avesse chiesto, ma non voleva chiedere un’altra volta “che c’è”.
Il riso caldo non sapeva di molto. Il pollo era più buono, ninnella la gallina faceva coccodè, faceva le uova e tutte le mattine lui se ne prendeva una calda calda da sotto il culo piumoso per fare colazione, ma di nascosto e ogni giorno mamma bestemmiava che non trovava mai un uovo e a quella gallina prima o poi gli tirava il collo che tanto era inutile e di uova non ne faceva...
"... capito?"
"si, certo mamma" chissà che aveva detto
sguardo interrogativo, ora un po' spaventato
"Rosà se hai capito perchè stai ancora lì impalato e non ti metti le scarpe?"
”Si, si, subito mà, stavo pensando a una cosa”
"A cosa?"
"non me la ricordo più"
Sguardo ancora più preoccupato, speriamo che la madonna non c'ha messo la fregatura in questa grazia.

ISABELLA VESTA

4 comments:

Anonymous said...

storia affascinate, sento il profumo di sud!!! mi piace.

floriana

Unknown said...

bel ritmo, soggetto azzeccatissimo, molto molto carino

girolamo grammatico said...

e non hai ancora letto il mio!
tiè,
g

giorgio said...

Giro, il tuo racconto è un caso di fissione narrativa....stai innescando reazioni a catena.
Giro, sei pericoloso quanto Chernobyl?