Lettera a NY
Nella prossima lettera spero mi dirai
dov’è che vai e cosa stai facendo;
quali spettacoli vedi, e dopo gli spettacoli
quali altri piaceri vai cercando:
prendendo taxi nel cuore della notte,
correndo come se sfuggissi la morte
mentre la strada gira intorno al parco
e il tassametro ti fissa come un gufo
e gli alberi sono così verdi e strani
soli, fermi in grotte nere e grandi
e all’improvviso sei in un altro posto
dove tutto sembra succedere a ondate,
e non capisci quasi tutte le battute
come parolacce cancellate alla lavagna,
e le canzoni sono chiassose ma indistinte
e si sta facendo sempre più tardi,
e uscendo dalla casa di arenaria
verso il marciapiede grigio, la strada bagnata,
un lato dei palazzi si solleva con il sole
come un campo sfavillante di frumento.
- Mia cara, frumento, non avena. Ho paura
se non è avena ciò che stai seminando,
e comunque vorrei sapere soltanto
cosa stai facendo e dov’è che stai andando.
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Da scrivere a calce sullo specchio
Non vivo che qui, tra i tuoi occhi e te,
ma vivo nel tuo mondo. Che altro c’è?
Non riscuoto gli interessi – perlomeno ciò che posso;
non sono mica la tizia che ti ha messo gli occhi addosso.
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